Quando si parla di spread di un mutuo si fa riferimento alla maggiorazione su un parametro variabile che il cliente che ha acceso il mutuo deve pagare all’istituto di credito, o a un tasso di base. Lo spread rappresenta un criterio di riferimento che nel tempo può cambiare: il tasso di interesse da pagare è connesso a esso con una maggiorazione più o meno consistente. Ma come si riconosce lo spread migliore? È bene precisare che tanto più alto è lo spread, vale a dire la maggiorazione, tanto più costoso sarà il mutuo. Allo stesso modo, il mutuo sarà meno costoso al diminuire dello spread. Nell’ambito di un mutuo a tasso variabile, il tasso di interesse che il cliente deve pagare è vincolato allo spread, che è appunto il criterio di riferimento che rappresenta la maggiorazione al tasso di interesse. Ne consegue che se lo spread cala nel corso del tempo, il cliente si troverà a pagare rate meno costose.
Risulta essere doveroso sottolineare, però, lo svantaggio principale che caratterizza lo spread nei mutui, vale a dire la sua variabilità imprevedibile. È proprio per la necessità di tutelarsi rispetto a questa variabilità imponderabile che hanno visto la luce i mutui variabili con cap. Ribadendo il concetto con altre parole, lo spread altro non è se non la remunerazione che la banca percepisce. Esso viene espresso da un valore in percentuale, che generalmente varia dallo 0,5 % al 2 %. Il tasso di interesse applicato al mutuo è determinato dalla somma tra lo spread e il tasso di riferimento di mercato: l’Eurirs nel caso del tasso fisso, l’Euribor nel caso del tasso variabile. Solitamente, con l’aumentare della durata del mutuo aumenta anche lo spread: in ogni caso, aumenti possono essere dovuti anche al genere di contratto che viene firmato. Per esempio, rispetto a un mutuo a tasso variabile classico, un mutuo a tasso variabile con cap presenterà uno spread più alto. In italiano, potremmo tradurre la parola spread con il termine margine, o scarto. In realtà, ormai, l’espressione inglese è entrata a pieno titolo anche nella lingua parlata italiana.
Risulta essere importante, però, che tutti abbiano ben chiaro di cosa si tratta: lo spieghiamo in maniera sintetica e in parole povere, affinchè sia chiaro a tutti: lo spread rappresenta il ricarico che ciascun istituto di credito sceglie di sommare al tasso di base in qualità di ricavo. Il principio su cui si basa lo spread è molto semplice: la banca, che può essere identificata come un commerciante, compra il denaro, che corrisponde al prodotto, a un tasso di scambio interbancario, cioè a un prezzo. In seguito, la stessa banca rivende quello stesso prodotto, cioè il denaro, ai sue clienti, non prima di averlo ricaricato dello spread, che diventa quindi un margine di guadagno. Il denaro presenta una sua quotazione anche nell’ambito degli scambi tra banche: tale quotazione in Europa è rappresentata dall’Euribor.
Si tratta, in parole semplici, del tasso che viene quotidianamente rilevato a cui la banca può comprare o vendere denaro. Chiaramente, se si vende denaro al cliente, il tasso dovrà essere più elevato, in modo da guadagnarci e tutelarsi da eventuali rischi derivanti dall’operazione. Questo scarto viene chiamato, appunto, spread.