Aria condizionata, rumori, conversazioni telefoniche. Sono solo alcuni dei motivi che possono rendere complicata la coesistenza negli uffici open space, provocando disagi, conflitti e stress. A dirlo è InfoJobs.it, sito di recruiting online, che in un sondaggio evidenzia la relazione tra attriti in ufficio e scarsa produttività. Può darsi che sia l’altra faccia del coworking, ma il problema di fondo spesso è la maleducazione oppure semplicemente la scarsa propensione ad accettare o tollerare le esigenze degli altri.
In concreto, il 57% dei lavoratori italiani interpellati ritiene stressante lavorare negli “uffici aperti”, soprattutto a causa della scortesia dei colleghi, del chiacchiericcio e dei pettegolezzi. Ma può essere fastidioso anche il costante passaggio di persone tra le scrivanie, la mancanza di spazi, l’incessante squillo dei cellulari, il mancato accordo su orari e temperatura del condizionatore, l’assenza di privacy, il rumore delle stampanti, persino la musica proveniente dalle postazioni dei colleghi. Nel migliore dei casi ciò comporta perdita di concentrazione e rallentamento del ritmo di lavoro, in qualche altro caso uno stato di vera e propria irritazione, nei casi più gravi situazioni conflittuali aperte che bloccano l’attività e condizionano fortemente la produttività complessiva. La serenità dell’ambiente va perdendosi e quindi un’aspettativa pacifica di convivenza gomito a gomito in ufficio.
In generale, il 41% degli intervistati si schiera a favore dell’ufficio tradizionale, con una precisa divisione degli spazi. Il 23% preferisce nettamente l’open space, mentre gli altri sono indifferenti rispetto alle due soluzioni. Significative le ragioni di chi predilige questa moderna tendenza degli ambiti lavorativi, principalmente il fatto di stimolare al confronto, di offrire la possibilità di comunicare velocemente con i colleghi e quindi risparmiare tempo, di incentivare alla cooperazione a alla conoscenza reciproca. La considerazione che InfoJobs.it trae da questa analisi è quella relativa all’esigenza di coniugare la tendenza all’open space con la strutturazione materiale delle sedi di lavoro, che non è ancora adeguata alla novità.
Quindi potrebbe bastare una progettazione di spazi definiti che consenta comunque un minimo di privacy da sguardi e rumori. Ma, a parte questo, è chiaro che occorre valutare bene la dislocazione degli spazi, delle persone e delle cose nel momento in cui si procede all’organizzazione della sede e del lavoro, per prevenire possibilmente l’insorgenza di attriti. In ogni caso, non è facile armonizzare le varie esigenze quando si è in tanti e occorre trascorrere insieme un certo numero di ore.