Divieto di retribuzione a cottimo. L’apprendista non può essere retribuito a cottimo (art. 2, co.1, lett. b), D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 167). Con questo divieto s’intende impedire che l’apprendista : a) sia sottoposto a ritmi stressanti e che poco insegnano sotto il profilo formativo; b) subisca un pregiudizio dall’applicazione di una retribuzione commisurata al risultato, proprio in ragione della ridotta capacità produttiva dovuta alla minore esperienza di lavoro (Min. Lav. Interpello 1 marzo 2007, n. 13).
La legge non fa cenno al divieto di retribuzioni ad incentivo. E’ perciò consentita l’erogazione di forme d’incentivo e di premi collegati all’andamento aziendale (sotto il profilo della produzione e/o del fatturato) o al risultato del reparto. Il mancato rispetto del divieto di retribuzione a cottimo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria che va dai 100 ai 600 euro e, in caso di recidiva, varia da 300 a 500 euro (art. 7, co. 2, D.Lgs. n. 167/2011).
La retribuzione percentualizzata e gradualizzata. Il D.Lgs n. 167/2011 (art. 2, co.1) affida la disciplina del contratto di apprendistato all’autonomia collettiva e, in particolare, “ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Non si tratta, tuttavia, di una delega “in bianco”. Il legislatore, infatti, àncora la contrattazione collettiva al rispetto di una serie principi, tra i quali quelli relativi alla retribuzione ed all’inquadramento dell’apprendista. Sulla scorta di tali principi, il decreto prevede che la retribuzione prevista per gli apprendisti dai contratti collettivi possa essere inferiore a quella dei comuni lavoratori subordinati, purché sia stabilita “in misura percentuale e in modo graduale alla anzianità di servizio” (la retribuzione si incrementerà durante il periodo di formazione) (art. 2, co.1, lett. c), D.Lgs. n. 167/2011).
L’inquadramento inferiore. In alternativa a tale modalità retributiva, il legislatore contempla la “possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante (in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro) ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto” (art. 2, co.1, lett. c), D.Lgs. n. 167/2011).
Le due opzioni alternative (minore retribuzione o minore inquadramento) possono anche non essere previste dal contratto collettivo. In caso lo siano, la violazione delle disposizioni contrattuali collettive attuative dei richiamati principi (si pensi, ad es., ad un inquadramento più basso dei due livelli inferiori consentiti dalla legge) comporta una sanzione amministrativa pecuniaria che varia dai 100 ai 600 euro e, in caso di recidiva, da 300 a 1500 euro (art. 7, co. 2, D.Lgs. n. 167/2011).